Cassazione n. 11611/2025: l’assegno di mantenimento richiede l’accertamento del tenore di vita effettivo
Con l’ordinanza n. 11611 del 3 maggio 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di assegno di mantenimento tra coniugi separati, affermando la necessità di fondare la relativa determinazione su un accertamento concreto del tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale.
La decisione si inserisce nel consolidato orientamento che valorizza la funzione perequativa dell’assegno, da riconoscersi in favore del coniuge privo di adeguati mezzi economici, qualora ricorrano i presupposti di legge.
Il principio di diritto
Secondo la Suprema Corte, la valutazione giudiziale ai fini dell’attribuzione dell’assegno di mantenimento non può essere fondata esclusivamente su dati reddituali formali o dichiarazioni fiscali. È, al contrario, necessario un accertamento istruttorio che consenta di ricostruire il reale stile di vita mantenuto dalla coppia durante il matrimonio, considerando elementi concreti quali:
- il patrimonio disponibile e la capacità reddituale effettiva delle parti;
- la durata della convivenza e l’eventuale sacrificio delle aspettative professionali da parte del coniuge economicamente più debole;
- il contributo personale ed economico fornito alla vita familiare.
L’obiettivo è evitare che l’assegno venga liquidato sulla base di presunzioni astratte, e garantire invece un’effettiva corrispondenza tra la prestazione economica riconosciuta e le condizioni materiali in cui si è svolta la convivenza coniugale.
I fatti di causa
Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva disposto in favore della moglie un assegno mensile pari a 800 euro, valorizzando la sproporzione reddituale tra le parti e il deterioramento delle condizioni economiche della stessa a seguito della separazione.
Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto carente la motivazione della sentenza impugnata, rilevando l’assenza di una compiuta ricostruzione del tenore di vita effettivamente goduto durante il matrimonio, nonché la mancata valutazione comparativa tra la situazione patrimoniale pregressa e quella sopravvenuta.
In particolare, la Corte ha censurato l’utilizzo di espressioni generiche e l’omesso riscontro documentale dei presupposti richiesti per il riconoscimento dell’assegno.
Rilevanza sistematica della pronuncia
La decisione conferma un orientamento giurisprudenziale volto a contrastare automatismi liquidatori e ad affermare la centralità dell’istruttoria in tema di misure economiche post-separative.
L’assegno di mantenimento, anche in assenza di addebito, non costituisce una forma di rendita, ma uno strumento di riequilibrio che trova fondamento nella concreta alterazione dell’assetto economico derivante dalla fine della convivenza.
Ne deriva la necessità, in sede giudiziale, di impostare correttamente l’azione sin dalla fase introduttiva, fornendo elementi idonei a dimostrare il tenore di vita effettivamente goduto e l’eventuale disparità economica sopravvenuta.
Profili applicativi nella prassi forense
L’ordinanza n. 11611/2025 conferma la rilevanza, nella pratica contenziosa, di un approccio documentato e analitico alla questione del mantenimento tra coniugi. Tanto nei procedimenti di separazione giudiziale quanto nelle azioni di revisione delle condizioni economiche, assume rilievo decisivo la capacità delle parti di allegare e provare circostanze concrete riferite al periodo della convivenza, anche mediante produzioni bancarie, fiscali, patrimoniali e peritali.
L’orientamento tracciato dalla Corte impone, pertanto, un elevato grado di rigore motivazionale da parte del giudice e una solida strategia istruttoria da parte dei difensori, onde evitare che la decisione si fondi su presunzioni non corroborate da dati oggettivi.